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Lo spazio di condivisione dell'Azione Cattolica della Parrocchia della SS. Trinità di Torre Annunziata Il gruppo giovani di AC della Parrocchia SS. Trinità di Torre Annunziata si incontra il venerdì sera alle ore 20 in Parrocchia in Via Gino Alfani
 
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Incontro del 18 gennaio 2008 - La ricerca della Giustizia: la figura di Giuseppe

Ultimo Aggiornamento: 22/01/2008 00:06
22/01/2008 00:06

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Utente Junior
L'incontro di venerdì è stato incentrato sulla figura di Giuseppe, un personaggio del Vangelo spesso messo ingiustamente in secondo piano ma che, invece, è autentico testimone di vita e, in particolare, di pace e di obbedienza a Dio.
La vita quotidiana di ognuno di noi è costellata di avvenimenti, di storie, di eventi di cui cogliamo solo marginalmente il significato. Spesso ci lasciamo condurre dal fatto che comunque essi hanno un loro percorso quasi scontato, obbligato.
Così immaginiamo gli eventi che hanno preceduto l’incontro tra Giuseppe e Maria dopo l’annuncio dell’angelo. Scontato sarebbe stato chiudere i rapporti, non avere fiducia, applicare la legge, anche se questa avrebbe portato alla morte dell’altro. Sono le vie facili, che non impongono fatiche, quelle che spesso si scelgono. La via della giustizia, invece, è una via stretta, difficile, complicata, piena di ostacoli ma ricca di novità, di prospettive di cambiamento. Essere giusti è scegliere un’alternativa alle cose scontate. È ricercare una prospettiva nuova nelle relazioni tra persone, nella vita comunitaria, in quella familiare e sociale. Giuseppe ha percorso questa via perché ha prestato ascolto al richiamo profondo, interiore, a corrispondere al piano di Dio, a far sì che la Sua parola diventasse un annuncio di vita. Questa docilità interiore lo ha predisposto, possiamo supporre, ad ascoltare contro ogni logica, ogni tornaconto, ogni precauzione, la sconvolgente novità della sua sposa promessa. Come avrebbe potuto altrimenti credere in Maria e nel mistero della nascita di Gesù? Giuseppe è giusto perché obbediente, docile alla volontà di Dio. La sua non è però una obbedienza passiva, scontata. Al contrario la sua adesione al piano misterioso di Dio, un piano dai contorni oscuri, senza alcuna garanzia di successo secondo la logica umana, è un’adesione pensosa e operosa. Nel Nuovo Testamento l’ascolto della Parola del Signore avviene davvero quando l’uomo obbedisce alla volontà di Dio con la fede e le azioni. L’ascolto vero diviene obbedienza (obaudire) fattiva. È l’ascolto che rinnova, converte il cuore e lo rende capace di accogliere e ospitare una volontà altra, imprevista. Di Giuseppe, infatti, non conosciamo parola, ma la sua vita ci parla con l’eloquenza dei gesti e delle scelte: rinuncia ai suoi progetti di famiglia, per condividere i piani di Maria, si assume la responsabilità di dare il nome al Figlio di Dio, si prende cura nel silenzio di Maria, del bambino, della casa.
Abbiamo mai provato ad immaginare l'incontro tra Giuseppe e Maria quando Giuseppe venne a conoscenza della maternità della moglie? Abbiamo mai provato ad immaginare quello che passò nella mente di quest'uomo?
Qualcuno ci ha provato ed ha realizzato una poesia in musica che vale la pena fermarsi per ascoltare...
Fabrizio De Andrè, il ritorno di Giuseppe



Stelle, già dal tramonto,
si contendono il cielo a frotte,
luci meticolose
nell’insegnarti la notte.
Un asino dai passi uguali,
compagno del tuo ritorno,
scandisce la distanza
lungo il morire del giorno.
Ai tuoi occhi, il deserto,
una distesa di segatura,
minuscoli frammenti
della fatica della natura.
Gli uomini della sabbia
hanno profili da assassini,
rinchiusi nei silenzi
d’una prigione senza confini.
Odore di Gerusalemme,
la tua mano accarezza il disegno
d’una bambola magra,
intagliata nel legno.
“La vestirai, Maria,
ritornerai a quei giochi
lasciati quando i tuoi anni
erano così pochi.”
E lei volò fra le tue braccia
come una rondine,
e le sue dita come lacrime,
dal tuo ciglio alla gola,
suggerivano al viso,
una volta ignorato,
la tenerezza d’un sorriso,
un affetto quasi implorato.
E lo stupore nei tuoi occhi
salì dalle tue mani
che vuote intorno alle sue spalle,
si colmarono ai fianchi
della forma precisa
d’una vita recente,
di quel segreto che si svela
quando lievita il ventre.
E a te, che cercavi il motivo
d’un inganno inespresso dal volto,
lei propose l’inquieto ricordo
fra i resti d’un sogno raccolto.

Questa straordinaria canzone fa parte della raccolta "La buona novella " di Fabrizio De André, cantautore genovese nato nel 1940 e morto nel 1999. Presentando alcuni brani tratti dalla raccolta pubblicata nel 1970, durante un tour del 1997, De André diceva: “Nel 1969 scrivevo La buona novella. Eravamo in piena rivolta studentesca; i miei amici, i miei compagni, i miei coetanei hanno pensato che quello fosse un disco anacronistico. Mi dicevano: cosa stai a raccontare della predicazione di Cristo, che noi stiamo battendoci
perché non ci buttino il libretto nelle gambe con scritto sopra sedici; noi facciamo a botte per cercare di difenderci dall’autoritarismo del potere, dagli abusi, dai soprusi. Non avevano capito - almeno la parte meno attenta di loro, la maggioranza - che La buona novella è un’allegoria. Paragonavo le istanze migliori e più ragionevoli del movimento sessantottino, cui io stesso ho partecipato, con quelle, molto più vaste spiritualmente, di un uomo di 1968 anni prima, che proprio per contrastare gli abusi del potere, i soprusi dell’autorità si era fatto inchiodare su una croce, in nome di una fratellanza e di un egualitarismo universali.
Come traccia ho seguito gli evangelisti apocrifi (...).
” E utilizzando queste fonti, De André narra la storia di Cristo come dietro le quinte, attraverso tutto ciò che è accaduto prima e intorno alla Sua crocifissione, tramite quei fatti e quelle persone che il cantautore ha saputo descrivere, nelle sue canzoni, con grande umanità. Ed ecco Giuseppe, nel suo viaggio di ritorno. L’introduzione musicale è affidata al sitar, strumento indiano, quasi a voler ricreare sonorità orientali tipiche di quell’ambiente che è la cornice delle vicende da lui narrate e aiutare l’ascoltatore a immaginare quel paesaggio descritto con grande poesia, visto con gli occhi di Giuseppe. L’andamento cadenzato della prima parte, soggetto come altre canzoni della raccolta alla rima e alla metrica, quasi “scontato” e ripetitivo, lascia il posto alla dolcezza, alla tenerezza e alla dimensione trasognata, ben sottolineata anche dall’entrata degli archi e dall’utilizzo di una melodia più libera e struggente, che ben descrivono i vissuti dell’incontro tra Maria e Giuseppe. Una Maria a cui Giuseppe avrebbe voluto far rivivere gli anni della fanciullezza, ma che riscopre con stupore futura madre e che implora da lui quell’affetto che non aveva mai ricevuto da nessuno.


Cercare la giustizia nella società significa innanzitutto costruire tra gli uomini rapporti “giusti”. Questo è compito primario della politica, intesa come servizio al bene comune. In questo impegno si colloca la responsabilità del laico cristiano, quella cioè di “dare valore al bene comune”, di costruirlo, di esigerlo, di difenderlo. In quest’ottica, mai come in questo tempo, il modo, lo stile del cristiano di fare ed essere in politica è tanto importante quanto i contenuti stessi della politica.
Quello che sembra spesso essere un fatto secondario, scontato, acquista rilevanza quando si pensa al sempre più evidente distacco della gente comune verso ciò che richiama politica, governo, parlamento.
I modi di vivere la politica sono essenziali quanto i contenuti. Dare valore al bene comune, alla politica, alla cittadinanza, è dunque una questione fondamentale. Sappiamo che la politica può essere la forma più alta di carità nel contesto della società odierna, perché compito della politica è quello di fare in modo che tutti, e
soprattutto coloro che sono emarginati e ultimi nella società, possano essere riconosciuti alla pari di qualsiasi altro come cittadini in dignità, diritti e doveri. La politica ha quindi nel contesto umano una finalità di giustizia. Una società è giusta, una convivenza è giusta, se ciascuno dei suoi membri è considerato partecipe a pieno titolo con gli stessi diritti e i medesimi doveri di tutte le altre persone e cioè se ciascuno ha pari dignità.

Non c'è migliore conclusione per questo incontro se non con le parole di un santo del nostro tempo: Don Tonino Bello il quale scriveva ne "La carezza di Dio, lettera a Giuseppe:
Io penso che hai avuto più coraggio tu, Giuseppe, a condividere il progetto di Maria, di quanto ne abbia avuto lei a condividere il progetto del Signore. Lei ha puntato tutto sull’onnipotenza del Creatore. Tu hai scommesso tutto sulla fragilità di una creatura. Lei ha avuto più fede, ma tu hai avuto più speranza, la carità ha fatto il resto, in te e in lei".
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